
TRAMA
In
un futuro prossimo la società è diventata pacifica ed estremamente organizzata,
a cui è stata rimossa ogni traccia della storia passata. Agli individui sono
state tolte ogni tipo di emozione, dolore, amore e paura, mentre ogni nucleo
familiare è formato perfettamente da un uomo e una donna con due figli, un
maschio e una femmina. Solo una persona, chiamata il "donatore", ha
la capacità di ricordare il passato, da utilizzare in caso di necessità.
All'età di dodici anni ad ogni membro della società viene assegnato il lavoro
che svolgerà per il resto della vita.Al giovane Jonas viene affidato il
delicato incarico di custodire le Memorie dell'Umanità, che riceverà
direttamente dal "Donatore", provando sulla propria pelle emozioni
mai provate. Ma la strada per la conoscenza sarà tortuosa e Jonas stravolgerà
le regole quando stringerà un forte legame con il precedente "Donatore".
Di recente le
storie di mondi distopici hanno grande presa su un pubblico sempre più incline
ad immaginarsi in scenari che capovolgono e mettono in discussione il caotico
andamento delle cose, ma The Giver, già a prima vista, resta in superficie e si
presenta come un miscellanea di spunti già ben noti al pubblico
cinematografico.
Già nei primi
10 minuti il film perde l’attenzione dello spettatore. Siamo introdotti in
panoramica su una cittadina perfettamente organizzata, in cui ogni minuto è
cadenzato dalle indicazioni provenienti da altoparlanti situati ovunque. È un
mondo abitato da giovani inquadrati in compiti precisi, organizzati in unità
familiari e felicemente conformati agli obblighi impartiti dall’alto.

Questo coro Young Adult in cui il controllo del linguaggio, delle
nascite e della routine, congiuntamente alla soppressione del libero arbitrio,
dei rapporti interpersonali e delle emozioni per scacciare il mondo dal dolore
e dalla malvagità dell’uomo allude malamente ad un non ben precisato e anche
abbastanza confuso desiderio di superamento delle passioni per il raggiungimento
della felicità, la quale si scoprirà man mano essere fittizia.
Il film resta
in superficie, non tocca lo spettatore fino in fondo e segue diligentemente le
vicende che conducono il protagonista a compiere la sua missione, recuperare le
memorie del passato e sciogliere “l’incantesimo” che impedisce alla sua
comunità di vivere le emozioni. In sottofondo, a tenere la storia in riga con
tutto il cinema per ragazzi, la scoperta dell’amore con tanto di bacio canonico.
Le memorie che
il giovane Jonas, appena prescelto come Raccoglitore di Memorie, riceve dal
Donatore sono la ciliegina che fa scadere il film nella schiera di tutti quei
lavori che mirano ad un target popolare per acquisire share, ma non si
accontentano e si spingono a strizzare l’occhio allo spettatore attraverso una
retorica a cui ormai siamo abituati da anni di cinema post apocalittico. Una
sfilata di immagini di repertorio del mondo che soffre, che nasce, che
combatte, che festeggia il Natale, che piange. Persino la primavera di Praga,
il muro di Berlino, il Vietnam e Mandela, che a fine carrellata merita qualche
secondo in più in video. Ecco. Il
regista si è spinto oltre l’accettabile compromesso tra arte e botteghino. C’è
chi lo chiamerebbe omaggio. Io lo chiamo “pesca spudorata dello spettatore meno
critico”.
Non sempre un
messaggio passa attraverso la corda solleticata dal montaggio veloce in cui una
carrellata di immagini a densissima concentrazione emotiva dovrebbe incidere sul nostro giudizio viscerale e non
critico.
Nessuna nota
specifica per quanto riguarda il cast che annovera una meravigliosa (come
sempre) Meryl Streep che però non spicca né si distingue per interpretazione e
ruolo.
Una storia
piatta, prevedibile e spudoratamente retorica.
Consiglio ovviamente di vederlo ma senza aspettative.
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