mercoledì 17 settembre 2014

Cloud Atlas - RECENSIONE - Tra ribellione e libertà.



Cloud Atlas è un film del 2012 diretto dai fratelli Lana e Andy Wachowski e Tom Tykwer. Il film è tratto dal romanzo L’Atlante delle nuvole di David Mitchell e intreccia sei storie diverse, tutte legate dai temi della reincarnazione, del destino, del ripetersi degli eventi, della ricerca della libertà e del riscatto. 

Le sei storie sono ambientate in epoche diverse e hanno come protagonisti:
Adam Ewing (1849), Robert Frobisher(1936), Luisa Rey (1973), Timothy Cavendish (2012), Sonmi-451 (2144), Zachry (106 anni dopo la Caduta, 2321).

Sarebbe superfluo, approssimativo e inconcludente riportare qui la trama di un film che gioca tutta la sua forza nel messaggio che riecheggia dalla fiera delle vicende umane che si snodano lungo tutto il lungometraggio. Sebbene sia stato fatto notare come, trattandosi di un adattamento cinematografico, il film pecchi di tagli e accelerazioni che non danno pieno credito al libro di Mitchell, è ammirevole come l’intricato garbuglio di epoche e personaggi non lasci mai disorientati ma, anzi, solletichi l’immaginazione dello spettatore  portandolo avanti e dietro nel tempo con disinvoltura.

Protagonista assoluto del film è l’essere umano che riesce, dalle singole epoche, a decontestualizzarsi e a farsi emblema della ciclicità e portatore di valori universali incondizionati.
Ogni storia vive autonomamente nella propria ambientazione e allo stesso tempo rimanda a tutte le altre sottolineando come la potenza del concetto di ribellione, libertà e amore abbiano accomunato il genere umano in tutte le epoche e come probabilmente continuerà a farlo.
Il genere fantascienza non comprende a pieno questo film che non può ben dirsi inquadrabile in un genere preciso. È psicologico, sociologico, fantasy e fantascientifico allo stesso tempo, senza mai smettere di essere storico.

Tom Hanks nelle diverse interpretazioni
La regia a 3 mani, anzi a tre cervelli (i fratelli Wachowski e Tom Tykwer), merita una lode non solo per l’equilibrio dimostrato nel montaggio, il quale comunque resta serratissimo e turbinante, ma soprattutto per la scelta del cast e la suddivisione dei ruoli. Grazie ad un uso straordinario del trucco, ogni attore interpreta un personaggio in ogni epoca e, più di ogni altra cosa, personaggi di razze e sesso diversi qualche volta. Attraverso una scelta registica così bizzarra passano le idee generale di tutto il film: la ciclicità e l’interrelazione. 

Una frase riassume tutto il film:
“La nostra vita non è nostra. Da grembo a tomba siamo legati ad altri. Passati e presenti e da ogni crimine e ogni gentilezza generiamo il nostro futuro”.

I dialoghi notevoli, infine, arricchiscono un film che di per sé è già molto ricco senza mai appesantire l’occhio dello spettatore ma portandolo con ancora maggiore delicatezza dove il film vuole arrivare: la speranza e il riscatto

“Essere, vuol dire essere percepiti. Pertanto conoscere se stessi è possibile solo attraverso gli occhi degli altri. La natura della nostra vita immortale è nelle conseguenze delle nostre parole e azioni, che continuano a suddividersi nell'arco di tutto il tempo.”



“Non importa se siamo nati in una vasca o in un grembo, siamo tutti purosangue. Dobbiamo tutti combattere, e se necessario morire, per insegnare alle persone la verità”

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