Durata 119'
Regia di Alejandro Gonzalez Innaritu
Con Michael Keaton, Lindsay Duncan, Zach Galifianakis, Edward Norton, Amy Ryan, Emma Stone, Naomi Watts.
Here we are! Parliamo di Birdman,
l'ultima pellicola di Alejandro Innaritu vincitrice di 4 premi Oscar
agli ultimi Academy Awards (miglior film, miglior regista Alejandro
Innaritu, miglior sceneggiatura originale e miglior fotografia ad
Emmanuele Lubezki).
Mi sono fatta un'idea di questo unanime
trionfo e non ho trovato altri motivi se non il fatto che vedere e
premiare Birdman agli Oscar sia stato un po' come se il cinema stesso
sia sia guardato allo specchio, abbia storto un po' la bocca in un
picco di autoconsapevolezza, si sia fatto scendere una lacrima e
molto autoreferenzialemente si fosse premiato, arreso all'evidenza di
un'immagine sincera.
In una sede privilegiata come quella
degli Oscar come avrebbe mai potuto Birdman non riscuotere l'unanime
consenso del rinomato pubblico?!
La pellicola di Innaritu condensa,
attraverso uno strumento come il piano sequenza, i suoi stesi
obiettivi: raccontare con una tecnica cinematografica il cinema che
riflette su se stesso e si mette in discussione.
Birdman è l'eroe che ogni grande
attore ha desiderato diventare, il supereroe che fa parlare il suo
ego in un inevitabile allontanamento dalla realtà, dai meri
interessi dei mediocri, sempre rivolto al raggiungimento del suo
trionfo che, in termini di show business, si traduce nel conclamato
successo di pubblico.
Se vogliamo, Birdman si fa beffe del
cinema stesso, della cerimonia degli Oscar e del pubblico celebre che
poi lo ha consacrato vincitore, perché attraverso la sua narrazione
serrata e microscopica del tormento del protagonista, Riggan
Thompson, ex campione di incassi e interprete del blockbuster Birdman
ormai alle prese con la sua inevitabile caduta, spiattella in faccia
ai vari ed eventuali grandi interpreti dei cult movie attuali
l'inesorabile amarezza della loro condizione.
Birdman, questo eroe alato che continua
a sopravvivere impertinente come alter ego del suo interprete, non è
altro che la personificazione del desiderio di essere qualcuno, di
essere importanti, di vedersi legittimati dal consenso generale in
una lotta continua tra arte e spettacolo.
Anche questo c'è in Birdman, l'eterna
contraddizione tra arte e show business, tra quella nobiltà della
cultura che non riesce a riappacificarsi con il commercialismo dei
gusti di massa.
In fondo il pubblico ama i supereroi,
si identifica. È una verità questa, ben nota ai vari Clooney,
Downey e Affleck presenti agli Academy Awards. Il campione di incassi
trionfa e con questo trionfa il suo interprete in un paradigma che
lega indissolubilmente l'eroicità del personaggio all'attore che lo
ha portato sugli schermi.
Innaritu ha voluto portarci a fare un
viaggio sulle montagne russe dell'ego di un attore e lo ha fatto con
estrema lucidità calibrando gli strumenti in suo possesso e
lasciando che fosse il linguaggio cinematografico stesso ad
autodefinirsi.
Il lungo piano-sequenza, come lo stesso
regista ha dichiarato, è servito a far sì che la poetica dell'io
non trovasse interruzioni, con le sole eccezioni dei fotogrammi
iniziali e finali.
Il cast è eccezionale e vede un
Michael Keaton non assolutamente casuale. Infatti l'attore è stato a
sua
volta interprete protagonista, nel suo tempo d'oro, del film
Batman nel ruolo di Batman.
Edward Norton, che qui fa da
disturbatore, provocatore, voce critica che spinge tutto agli estremi
nella pretesa dell'assolutà verità dell'arte, se non ci fosse
bisognerebbe inventarlo.
La fotografia risponde al dualismo che
sottende all'intera pellicola. Realtà e finzione, attore e
personaggio da interpretare, palcoscenico e vita, passato e presente,
fama e insuccesso: questi sono i poli che calibrano le due anime che
coesistono nello stesso uomo.
Nel lirico tragicomico svolgersi degli
eventi, la pellicola di Innaritu è un po' come la maschera del
clown, che sorride plasticamente senza però riuscire a nascondere la
lacrima che pur scende.
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