Capelli
biondissimi, occhi profondi e vibranti come l’ultima volta che ti ho vista, il
sorriso come una virgola di piume sul tuo volto di seta. Questa è l’immagine
che evidentemente si è sedimentata nella mia memoria, ma sono certa che questa
è la forma che hai mantenuto, fluttuando nel tempo sospeso, nel tempo che
smette di segnare il passo.
Deve
essere in questo tempo sospeso che veniamo risucchiati durante il sonno, e
nelle regioni del sogno, avviluppati in un ventre caldo, prendiamo a fluttuare anche
noi, aggrappati con una mano al cuscino e con l’altra ad una corda di immagini
irreali.
Ma non
c’era nulla di irreale nel tuo sorriso, nel modo in cui muovevi le mani, né nel
modo in cui sorridevi e ti aggiustavi i capelli, e neppure nel modo in cui mi
cantavi Bongo Bongo di Manu Chao. Che poi perché? Tra tutte le canzoni che
avresti potuto cantarmi, e di canzoni con cui usavi torturare tutti ce n’erano,
hai scelto Bongo Bongo.
Eri proprio
tu, ne sono certa, perché è da te saltare fuori come un folletto stravagante
che fischietta un motivetto divertente.
Nel tempo
sospeso hai strappato a me un sorriso, ed io ho avuto cura di portarmelo qui,
nel tempo che segna le ore, nel tempo in cui si dimenticano i sogni e si
trascurano i segni.
Non mi
sono sorpresa a sognarti, influenzata da pensieri che inconsciamente ho fatto
nei giorni passati. Non mi sono affatto sorpresa. Perché quando arrivi non
avvisi e lasci che ogni tanto, all’improvviso, si apra uno spiraglio che mi
permetta di sbirciare dentro. Il tuo dentro vibra più della vita che pulsa
nelle vene. E il mio giretto nel tuo tempo sospeso oggi avrà la meglio su tutte
le cose che gireranno al contrario. Perché, sai, da questa parte molte cose
girano al contrario e non c’è modo di metterle per il verso giusto.
Mi
canterò il tuo motivetto nella testa e crederò che, almeno per oggi, tu lo stia
canticchiando insieme a me.
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