Ciondolando per casa,
afferro il giornale di annunci accatastato su tutti gli altri arrivati per
posta, e mi metto a curiosare nella sezione OFFRO LAVORO, solo due annunci, tra
l’altro gli stessi del mese scorso e del mese prima. Subito dopo la sezione CERCO
LAVORO e mi accorgo che non ci sono pochi annunci, ma addirittura quattro o
cinque pagine in cui gli annunci sono suddivisi per tipologia di qualifica.
Sulle prime resto un
po’ allibita della quantità di pensionati 60enne che si offrono come tutto
fare, colf, badanti e volantinasti. Poi arrivo ad un annuncio che mi incolla
alla pagina: 22enne volenteroso offresi per qualsiasi attività, purché onesta e
dignitosa.
Non serve che io
commenti, né che tenti di spiegare cosa ho provato poi, quando anche un po’ alienata
dalla corsa all’ultimo impiego, quello che gli altri non vogliono, testimoniata
da quel giornale, ho deciso di fumarmi una sigaretta (di tabacco, perché quelle
in pacchetto non posso più permettermele da un anno!) e andare sul balcone per
godermi il raro spiraglio di sole delle due del pomeriggio. Stavo chiacchierando
con il mio fidanzato e osservavamo quanti fenomeni nuovi sono nati nell’era
della crisi, come per esempio l’affollamento delle file dei disoccupati
pensionati alla ricerca forsennata di un lavoro, quando notiamo un uomo di
mezza età, a piedi alle prese con un mazzetto di volantini del Conad.
Diligentemente e senza imbrogliare ne ha messo uno in ogni apposita cassetta. E
a quel punto non ho avuto altro da dire.
A costo di sembrare
ripetitiva, ogni giorno rappresenta una consapevolezza in più. Quasi fa
capolino un senso di colpa per il sentimento di abbattimento che colpisce me,
che sono molto più giovane dell’uomo dei volantini e che non ho una famiglia da
mantenere. Vedo e sento storie di famiglie che si sgretolano e poi penso a
quanto sforzo fa il governo per darci la visione della crisi e allo stesso
tempo ridimensionarla a favore di una ricezione che non sfoci nel panico. Ma è
diventata una questione di sopravvivenza.
Il divario tra ciò a
cui ambiamo e ciò che possiamo ottenere ha raggiunto dimensioni incalcolabili. E
mentre io rimpiango (ma solo spinta dalla contingenza!) le rate che ho versato
all’università pubblica per i miei studi e cerco di conservare la fiducia nelle
mie capacità, mi vedo sfilare accanto l’esercito lacero dei pensionati, dei
padri di famiglia disoccupati e delle donne sole. Il lavoro nobilita l’uomo, si
dice, ma questo non spiega come mai, per nobilitarsi, occorra vendersi per
qualsiasi attività e a qualsiasi costo, serva supplicare un qualsiasi tipo di
mansione purché dignitosa. Il lavoro è dignitoso sempre. Non è dignitoso
elemosinarlo, però. E noi tutti lo stiamo elemosinando.
Se fino ad un paio di
anni fa le questioni urgenti della politica del paese riguardavano i giovani,
le donne e il Mezzogiorno, oggi possiamo dirci tutti interessati, senza
distinzione di età, sesso o provenienza.
Il caro vecchio paese
del mandolino, spaghetti, pizza e ombrellone in spiaggia ha finito per incartapecorirsi
in una malconcia versione di se stesso. Fa fatica a tenersi insieme e baratta
solo contentini in cambio di promesse a cui la gente ha bisogno di credere. Le televisioni
accese, l’ultimo show insulso in prima serata e ti addolciscono anche la cena.
Buonanotte agli italiani con “domani è un altro giorno”, mentre rigirandosi sul
cuscino, il pensionato, il laureato, il padre di famiglia e il ricercatore
senza fondi si dice “speriamo sia solo un giorno buono”.
Nessun commento:
Posta un commento