Questa
mattina mi sono svegliata strappata al sonno dal bavero del pigiama dalle
risate dei miei vicini di casa e il primo pensiero è stato “cosa c’è da ridere
a quest’ora del mattino?”. Ho fatto un caffè e, bevendolo, ho acceso la tv e mi
sono seduta. Poi ho capito perché stamattina forse è meglio che si rida, perché
di lacrime ne abbiamo versate pure troppe e non ci hanno mai portato da nessuna
parte.
Ho
guardato i grafici che riassumevano i risultati di queste elezioni 2013 e ho
riso anche io, e ho riso perché ieri sono andata a dormire pensando di
svegliarmi oggi, accendere la tv e non meravigliarmi. Invece questo è il Paese
delle meraviglie, nel senso che non fai in tempo a distrarti che le cose
cambiano forma e spessore e tu sei costretto, per forza di cose a
meravigliarti. Non che mi aspettassi qualcosa di diverso da quello che ho
trovato, ma le percentuali fanno sempre un bell’effetto quando te le trovi
belle ordinate, una accanto all’altro, a condensare la portata di un risultato.
E queste percentuali fanno schifo! Sarebbe potuto essere il grafico percentuale
dei rispondenti alla domanda “la mattina preferisci il caffè o il cappuccino?”
e non me ne sarei accorta, perché in fondo tra il caffè e il cappuccino è
difficile dire chi abbia la meglio e se la battono di sicuro in un paese come
il nostro, che se a colazione non ingurgiti la dose di carburante quotidiana
non sei nemmeno in grado di riconoscere tua moglie in ciabatte che ti dice
buongiorno.
Il
caffè e il cappuccino saranno andati di traverso a molti stamattina e
moltissimi altri, invece, li avranno trovati più dolci e gustosi.
E mentre
si fa politica nei palazzi, l’Italia non cambia e si mette la coscienza a posto
perché il suo l’ha fatto. Solo che questa non è più una questione di politica. E
i numeri smettono di avere peso quando l’italiano medio dimostra di aver deciso
di stare bene come sta. È il gioco della mediocrità, che è meglio non
rischiare. Sai cosa lasci e non sai cosa trovi.
E
così continueremo a guardare la tv, aspettare il gioco di prestigio più
sbalorditivo e avremo messo le nostre vite nelle mani di chi fa i salti mortali
più belli. Solo che lì sotto c’è una rete di protezione e noi una rete di
protezione invece non l’abbiamo.
Vorrei
guardare in faccia uno per uno chi ha avuto il coraggio di rimanere nella sua
posizione e dirgli che non si merita un applauso per la coerenza, ma una
smorfia di pietà per la chiusura mentale. Per cambiare bisogna avere il
coraggio di cambiare, e qui nessuno lo fa. Per paura di sbagliare? Non lo so. Ma
c’è da dirsi stanchi di un paese che non si aiuta, figurarsi se poi dobbiamo
aspettarci l’aiuto da altri. Queste elezioni non sono state una partita a
burraco, dove un piccolo scarto fa la differenza. Qui la differenza non si è
fatta. Ed è triste, perché gli italiani la differenza sapevano farla e anche
bene.
Intanto
il cappuccino e il caffè al mattino nessuno ce lo toglierà. E quindi dormiamo
tranquilli che per il resto ci penserà qualcun altro. Al mattino ci sveglieremo
e se saremo fortunati andremo a lavoro, altrimenti ciondoleremo per casa alla
ricerca di un lavoro, che ormai è diventato anche inutile andare porta per
porta che i curricula non li accettano più.
Faremo
la spesa lamentandoci con la signora al banco surgelati sul prezzo della carne.
Torneremo a casa, e dopo il miracolo della moltiplicazione dei beni alimentari –
perché intanto abbiamo preso l’abilità nel fare uscire un pranzo di natale da
una spesa di 15 euro – ci siederemo a tavola a borbottare del fatto che, mentre
mangiamo, al tg parlano di stragi e morti. Ci edulcoreremo con i programmi di
intrattenimento, che quelli sì che raccontano le cose come stanno! Poi ce la
prenderemo con nostro figlio che a 30 anni è ancora a casa e si fa mantenere e
andremo a dormire nel pigiama di flanella, rassicurati dalla nostra bella
routine.
Grazie
a chi ha pensa che la rivoluzione si faceva solo negli anni ’70 e chi è venuto
dopo si è dovuto arrangiare. Grazie a chi si è costruito una casa, ha tirato su
la famiglia e adesso si lamenta. Grazie a chi non si preoccupa del domani e sta
pensando solo su cosa fare economia per pagarsi la vacanza in Croazia. Grazie
anche a chi ci gode a dichiararsi fedele al suo paese e fa presto a criticare
chi dal suo paese vuole andare via. Siamo tutti bravi ad essere buonisti, ma
intanto il mondo gira e voi restate sempre lì a predicare l’amore per la patria
e a cucinare la pasta asciutta con tre quotidiani sul tavolo da pranzo. Mentre
i sacrifici li fanno gli altri. L’italiano di oggi non sorride quando fa la
valigia ed emigra perché sa che sta lasciando la sua casa con la porta aperta
alla mercé di chiunque sia abbastanza spregiudicato per approfittarsene. Ma non
può nemmeno restare a fare il custode perché non dimentichiamoci che il tempo
non ci dà tempo. E bisogna costruire ora per lasciare qualcosa ai nostri figli.
Grazie
perché avete dimenticato che l’Italia non muore con voi, ma avete contribuito a
ricordarci tutti i giorni che ogni generazione ha la sua croce. E noi abbiamo
la nostra. Tocca a noi decidere adesso se trascinarcela in silenzio, o mollarla
per il momento e tornare quando saremo più forti.

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