Per chi scrive lo scrittore?
Innanzitutto per se stesso perché
scrivere è liberarsi. Scrive perché la scrittura tiene fede a quella libertà di
espressione che in alcuni è un’urgenza, come se le parole si addensassero sotto
un tappo pronto ad esplodere se non le si lasciassero fluire liberamente.
C’è una catarsi nello scrivere
che attraversa come una scossa elettrica ogni nervo fluendo verso le mani. È un
incontrollato istinto alla traduzione, dal non detto al detto. è l’urgenza di
fissare in parole un pensiero, un’opinione, un fatto, un’impressione.
L’urgenza dello scrittore è la
stessa urgenza che affligge colui che dà un peso specifico alle parole ma che
dalle parole, nella loro lapidaria fermezza, si distacca nel momento stesso in
cui le ha fissate sul foglio.
Non è una negazione, ma una pura
liberazione. È il gioco serissimo che ha luogo costantemente in chi è avvezzo a
parlare con se stesso. Il tira e molla tra il dicibile e l’intraducibile. Ma per
quest’ultimo corre in soccorso la poesia che come una forza autonoma regala la
forma ai pensieri, l’intensità dell’istante alla visione.
Esiste un’abitudine all’immaginazione
che appartiene a chiunque nella stessa misura. Ha solo bisogno di essere
allenata, ripulita dai rumori. È qui che risiede la poesia.
E poi c’è l’insostenibile
vocazione alla verità, quella che spinge all’informazione, a quella onesta
però. È il campo di battaglia di chi cerca la verità dietro le parole altrui,
nelle piccolissime e grandi storie e ha necessità di dirla, raccontarla,
spiattellarla.
Tanti nomi vengono dati all’arte
dello scrivere ma uno solo il nervo che irradia la mano.
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