C’è
tutta una generazione dimenticata, quella dei settantenni, dimenticata da noi
che di anni ne abbiamo 30 o poco meno.
Ho
invitato il mio vicino a bere un caffè. Il mio vicino ha 70 anni. Il mio vicino
è una persona sola. Ed è una persona che ha più cose da raccontare in un pomeriggio
che un libro che potrei divorare ma che comunque mi ci vorrebbero almeno dieci
giorni.
Avrei
voluto avere una penna ed un block notes nascosti sotto il tavolo per annotare
tutto quello che diceva.
Non
c’è differenza generazionale che tenga dinanzi a due o tre persone che parlano,
si confrontano e come coppe si riversano l’una nell’altra.
Mi
ha raccontato un pezzo dell’Italia degli anni 60, di come le cose fossero più
facili. E quanto spiazzante era la sua meraviglia costante nel constatare
quanto siano diverse ora.
Come
amici davanti ad un caffè, ha confessato la sua passione per la storia, e per i
libri e con mani rugose che disegnavano nell’aria ipotetici percorsi
immaginari, ha riassunto la storia della Cina, la Guerra dell’Oppio e Mao.
Ha
raccontato la sua di storia, perché “bisogna partire sempre dalla propria
biografia” ha detto.
Un
velo di emozione è sceso sulle pieghe del suo viso emiliano quando ha appreso
di dove fossi e ha ricordato Giuseppe Di Vittorio come se stesse ricordando un
suo caro amico scomparso.
Ho
riscoperto la vita vibrante in un uomo che, con la stessa naturalezza pochi
minuti dopo, e sempre con il sorriso sulle guance mi diceva “io per i prossimi dieci
anni consumerò e poi creperò, ma chi resterà in Italia a produrre?”.
E
con la stessa sincerità confessava di non riuscire a dare buoni consigli come
un vecchietto farebbe con due ragazzi giovani.
Pagine
e pagine di libri stampati non potrebbero mai raccontare la vita che vibra sotto
la pelle del vicino di casa, che magari è vicino di casa da sempre o anche no,
ma non lo noti neppure perché sei troppo preso per invitare un estraneo a casa
e vedere cosa ha da raccontare.
Aprire
la porta di casa, aprire il cuore, aprirsi all’ascolto e sperare sempre che
qualcuno abbia ancora qualcosa da dirci, il tempo per rimanere seduto un’ora
davanti ad una tazza di caffè e la determinazione per raccontarsi.
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