lunedì 18 febbraio 2013

LA LISTA



Aprire un blog di scrittura è sì un modo per dare una forma e uno spazio al disordine dei propri appunti sconclusionati, ma probabilmente è anche il modo più interessante per arrivare a tutti. E oggi vorrei condividere con chi ne ha voglia una riflessione che si è imposta alla mia attenzione questa mattina.
Svegliata tardi e più lenta nel solito a carburare – che poi non è che in genere io carburi in fretta – sono entrata nel mondo con una tazza di caffè caldo e la domanda: “Ma il mio paese, l’Italia, effettivamente, concretamente, nei fatti, cosa mi ha dato negli ultimi 30 anni?
Vi chiederete come mai, appena sveglia, sentissi la necessità di torturarmi con un interrogativo come questo. Bè, ci ho pensato, e ci penso sempre più spesso ultimamente, nel tentativo di stilare un elenco dei motivi per cui non dovrei andare via. Emigrare intendo.
Eh già. Si fa presto a dire “me ne vado, lascio tutto e ricomincio altrove”, ma quando passi dal dire al fare, dove il fare consiste nel informarsi sui visti, sulle possibilità che ti si potrebbero presentare altrove, e cominci anche a mettere via i soldi per comprare “il biglietto aereo della vita” allora le cose cambiano. Ti viene anche spontaneo fermarti un attimo a riflettere e provare a dividere i PRO dai CONTRO.
Io, più che i pro e i contro, mi sto sforzando di trovare un buon motivo che possa farmi vacillare. Non che io cerchi a tutti i costi un motivo per non andare. Ma non si abbandona il proprio paese senza che si abbia almeno un motivo per restarci. Bisognerebbe conservare quel motivo come un prezioso, nascosto dentro un fazzoletto lindo in una tasca e tirarlo fuori nei momenti di nostalgia.

E dunque, per tornare al mio risveglio impegnativo, non ho trovato una risposta alla domanda sul cosa mi abbia dato il mio paese in 30 anni.
Potrei dire che nel mio paese ho avuto la possibilità di studiare. Certo, ho pagato i miei studi e proprio l’insoddisfazione che deriva dalla loro assoluta inapplicabilità nel MIO paese rappresenta una delle ragioni per andare via.
Mi ha dato la fiducia nel futuro? La possibilità di essere indipendente? Mi ha rassicurato sul fatto che un giorno sarò io a prendermi cura dei miei genitori, come loro si sono presi cura di me e continuano a fare da anni?
Ha scommesso sulle mie capacità? Ha premiato i miei sacrifici?
Non trovo risposte che mi soddisfino! Allora forse sarebbe meglio chiedermi cosa ho fatto io per il mio paese.
Bè, ho fatto quello che ho potuto, non sono stata parassita e, per un po’, ho anche seguito il sogno di prepararmi per contribuire alla crescita del mio paese. Ma neanche questo è servito.
Sarebbe bello amare l’Italia semplicemente di quell’amore che ho nelle vene in cui scorre il mio sangue italiano.
L’unica risposta che so darmi oggi è che probabilmente ciò che il mio paese mi ha dato negli ultimi 30 anni è il coraggio, il coraggio di osare, il coraggio che ti fa rimanere in piedi invece di cadere sulle ginocchia, il coraggio di puntare su se stessi e il coraggio di partire. Il senso di appartenenza non muore mai. La mia lista, dunque ha una voce unica. Non è sradicandosi che si recidono i legami. Amo il mio paese di un amore ideale. Ma domani voglio poter dire a me stessa di aver provato ogni strada per non farmi piegare.

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