lunedì 6 ottobre 2014

Non sono anticlericale. Solo io non mi censuro.


Non c'è alcuna ragione per essere sempre e comunque anticlericale agguerito, con un coltello tra i denti e un ringhio di disapprovazione sempre bello stampato sul volto, sebbene siamo italiani e la Chiesa non la viviamo attraverso la lente d'ingrandimento dei media ma la sorbiamo in tutta la sua clericale influenza quotidiana che da Roma si estende fin nelle nostre case!!!
E da quando vivo in Australia mi sono sentita chiedere sempre molto di frequente com'è vivere lì dove ha sede il Vaticano, sul quale fantasticano come si fantastica su un paese di fantasia molto molto lontano.

Bè, per quello che mi riguarda io la religione l'ho subita spesso e sin da tenera età e non è servito il Vaticano ma è bastata una piccola scuola cattolica di provincia. L'ho subita quando ero costretta a fare le gare di fioretti per tutto il mese di maggio rinunciando a guardare One e Cristina D'Avena, o a inginocchiarmi sulle lenticchie in una prostrazione collettiva di classe per marachelle che a 8 anni mi sembrano più che legittime. L'ho subita quando invece di studiare e leggere ci tenevano per un'ora a recitare il rosario, in fila in piedi nell'atrio della scuola. Quando ci costringevano a guardare il malcapitato fornito di orecchie di asino che sfilava per tutte le classi con un cartello appeso al collo che recava la scritta "Io sono un asino". E anche quando vedevo la mia compagna di banco intrappolata nella cinta del suo grembiulino fissata alla sedia per costringerla ad assumere una posizione eretta (questo non lo dimenticherò mai!).
E vorrei urlare che a 6 anni non è contemplata la disciplina da caserma che bisognerebbe infliggere invece a chi si arrogava la presunzione di insegnarci l'educazione attraverso le preghiere recitate a memoria e le bacchettate sul dorso delle mani!!!!!!!!

Non è l'errore di uno che può inficiare il nome dell'istituzione, mi direte. Io invece ribatto che sono i singoli che fanno l'istituzione, i presunti predicatori e portatori dell'insegnamento cristiano e quando la mano che stringe una bacchetta di legno massiccio è la stessa che prega in una cella di un convento non c'è ragione che regga. Non sono stata la prima e non sono stata l'ultima. Chi mente e dissimula è sotto quel timore di Dio che alleva sottomessi con i prosciutti sugli occhi. Gli occhi invece bisogna tenerli sempre aperti perché il rispetto reverenziale che concediamo a pacchetto chiuso non ci contraddistingue come entità intelligenti ma come burattini addestrati all'ubbidienza. E l'ubbidienza dovrebbe derivare da una scelta ragionata non da un ricatto morale!

Questo rigurgito mattutino anticlero non nega le eccezioni che pur conservo nei miei ricordi con affetto. E questo lo dico con convinzione. Ma si tratta di sparute eccezioni che riguardano due o tre persone più vicine a me umanamente che altro, persone dimentiche dell'abito che indossavano che non si sono fatte scudo della bibbia per esprimere la loro personalità ma che hanno incrociato il mio percorso in un sicero scambio UMANO. E che io abbia ricevuto tutti i sacramenti e mi sia sposata in chiesa non mi risparmia dal giudicare con amara e rabbiosa veemenza alcune lampanti contraddizioni che travalicano la spiritualità personale e sfociano nell'assurdità di una società in cui la Chiesa, fatta di uomini, gioca la parte del burattinaio ingenuo che racconta una storiella al pubblico e pretende gli applausi mentre censura chi quello spettacolo non lo gradisce.

Stamattina ascoltavo una vecchia canzone del 2005 di Simone Cristicchi censurata dai discografici nel 2007, la quale scaglia un'aspra critica verso il modo con cui la chiesa si avvicina all'infanzia. Non ci ho trovato niente di censurabile, ammesso che la censura sia ancora qualcosa di ammissibile. Ne dubito. Cristicchi canta solo la verità di un bambino qualunque con gli occhi e la voce di un uomo adulto. E se una canzone come questa viene censurata nello stesso momento in cui la chiesa si garantisce il diritto di rifiutare le minoranze in nome di un Gesù che giudica, recrimina e allontana c'è qualcosa che non va e le Crociate allora non sono mai finite ma hanno solo cambiato forma.

Allora dico ai preti: ribellatevi voi. Cambiate le carte in tavola e iniziate a dimostrare che la vita è davvero fatta di piccole cose buone che non si conquistano con paroloni scagliate dai pulpiti ma con la vita stessa vissuta da uomini e in mezzo agli uomini. E se non potete cancellare il ricordo di spiacevoli brutture vissute tra i banchi di scuola, che almeno facciate in modo di annientare con onestà intellettuale, non spirituale, le mele marce che crescono non solo nei grembi altrui ma anche nel grembo dell'istituzione che rappresentate. E smettete di censurare perchè la libertà di espressione è l'alfa e l'omega dello sviluppo di una civiltà in cui il confronto e lo scambio sono i prerequisiti necessari per la crescita personale e collettiva. Non gridiamo stop alle guerre e poi intraprendiamo le nostre piccole guerre personali contro quello che ci mette in discussione per paura di perdere il trono che ci consente di far risuonare la nostra voce più in alto delle altre.