Sarebbe stato meglio non aprire un capitolo come quello che è stato
aperto negli ultimi giorni in merito alla campagna contro il cancro che ha
visto facebook infestato da post “Andrò
in Messico per 15 mesi” e simili e tanti ragazzuoli e ragazzuole visibilmente infastiditi
da questa specie di catena di Sant’Antonio.
Sempre ammettendo che, quando si tratta di campagne sentite come
quella contro il cancro al seno, bene o male è sempre bene che se ne parli, mi
sento chiamata in causa soprattutto in quanto donna. Sebbene abbia cercato di
spiegarmi tanto risentimento appellandomi alla sensibilità di chi da questa
campagna si è sentito seccato, non riesco ancora a spiegarmi cosa ci sia stato
di tanto discutibile in un metodo di sensibilizzazione come questo che funge da
collante tra le donne e sfrutta facebook come mezzo di propagazione.
Ho letto un interessante articolo scritto da un maschietto contrariato
che asseriva che sono altri i modi più efficaci per mettere in opera una
campagna di sensibilizzazione. A prescindere dal titolo dell’articolo che
appella la campagna come “l’ennesima baggianata” e su cui non mi soffermo a
commentare data la solita abitudine maschile a catalogare malamente ciò che non
capiscono, il contenuto dell’articolo, simpatico e un po’ cameratesco, conferma
ancora una volta come ci sia un modo tutto maschile di affrontare certe
tematiche e come quella specifica ironia che ormai, lasciatevelo dire, non fa
ridere più nessuno, sia l’ultimo punto di forza di tutti questi maschietti che
tentano di sentirsi superiori a quella che sembra ancora mollezza da donne o
esasperato femminismo. Scandaloso che si parli ancora di femminismo, come nell’articolo
in questione. Quantomeno assurdo che un uomo sottolinei quanto sia limitato il
maschio medio che tra un porno e una birra tornerà a farsi gli affaracci suoi!
Ma da quando in qua una campagna di sensibilizzazione poggia su regole
che necessitano di essere approvate o condivise? Cosa c’è di tanto
insopportabile nell’infestare le bacheche di facebook di stati incomprensibili
e ignoti dopo che ogni giorno siamo abituati a riversare in rete baggianate dal
più basso contenuto?
E in quanto donna, mi chiedo, disapprovare una campagna innocua e
simpatica porta a qualcosa di preciso? Mi rivolgo agli uomini che, non si sa
per quale recondito motivo, si sono sentiti chiamati in causa e alle donne, che
per spirito di solidarietà hanno condiviso tale disapprovazione. E certo lo
scopo era quello di incuriosirli ma, come spesso capita ed è capitato in
passato quando bruciare un reggiseno probabilmente significò molto per molte
donne e generò smorfie di disapprovazione negli uomini, si discute il modo e
mai la motivazione a monte.
E allora giù a sindacare l’inutilità di certe dimostrazioni e a
professarsi così politically correct da credere che solo vie predefinite e
polite conferiscono serietà ad una causa. E perchè? Perche la piscologia maschile non attecchisce????????
La prevenzione e le campagne contro il cancro al seno non sono molto
diverse dalle campagne di prevenzione che riguardano i tumori alla prostata di
cui si parla ancora troppo poco.
Noi donne siamo abituate a vedere mamme, zie, nonne, amiche afflitte
da un male che sembra sempre più invadente e che ci coinvolge tutte e che
probabilmente ci rende più decise a far si che se ne parli. Sfido chiunque a
dirmi di non aver mai avuto vicino una persona che ne abbia sofferto e che lo
abbia combattuto o dal quale invece è stato sconfitto. E se invece qualcuno non
ha mai vissuto una disavventura come quella anche indirettamente non posso che felicitarmi
per tale fortuna.
Ma quindi di cosa stiamo parlando e di cosa si è parlato fin’ora? Di
un nuovo fenomeno virale? Di maschietti che non si sono dati pena di chiedersi
cosa significasse quel brulicare di stati tutti uguali? Non metto in dubbio che
qualcuno si sia grattato la testa e abbia ricominciato a giocare a Pet Saga e a
qualche altro giochetto in cui collezionare meloni o uccidere conigli. Ma fra
un melone e un coniglio, fra un rigore battuto male e una birra sorseggiata in
mutande con i piedi sul tavolo, cominciare a maturare l’idea che non debba
esserci sempre un motivo insulso alla base delle scelte che le donne fanno
migliorerebbe di gran lunga quella parità che le donne hanno combattuto per
avere, e che adesso, a quanto pare, rivendicano gli uomini, che per
contrappasso o per dare spazio alla varianza, cominciano a sentirsi tagliati
fuori o sminuiti.
Mi dispiace vedere come molte donne abbiano tanto criticato un
giochetto pacifico che dura ormai da diversi anni, ma non mi meraviglio nemmeno
di quello. C’è stato un tempo in cui il femminismo riuniva le donne in unico
ideale condiviso e adesso sembra quasi che sia di moda l’antifemminismo, quasi
il maschilismo esteso anche alle donne.
Capisco che il femminismo sia una buona scusa per molti maschietti che
hanno bisogno di catalogare, classificare, distinguere, difendersi, separare,
identificare.
Ciò che bisognerebbe invece evidenziare è che in questo caso non si è
affatto nel campo del femminismo e che, in casi come questi, esiste un modo
femminile e un mondo femminile che combatte i suoi mali e affronta le sue
battaglie con la solita creatività che ci ha sempre distinte, dacché le donne
hanno iniziato a prendere coscienza della possibilità di dire la propria.
La sensibilizzazione non ha mai avuto modi giusti o sbagliati. La sensibilizzazione
passa per vie di cui non è necessario interrogarsi. E se le Femen vanno in giro a seno scoperto
per farsi ascoltare (e c’è di sicuro chi le ritiene pazze, in molti paesi
vengono persino arrestate e incarcerate!), non vedo cosa ci sia di tanto
assurdo in un milione di stati facebook un po’ strani!
I tempi sono cambiati! Ci dimostriamo così consapevoli di questo e ne
sfruttiamo così bene i vantaggi da meravigliarci ancora se una campagna di
sensibilizzazione non ha luogo in una piazza con cartelli e brochure?
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