martedì 25 giugno 2013

Storie di ordinaria follia: l'ingiusta giustizia.

Di solito mi concentro sulla sostanza, ma quando si tratta di Berlusconi non è più solo una questione di
sostanza, ma anche di forma. La forma, quella studiata a tavolino, la forma delle parole, le pose, sono state, sono e continueranno ad essere la cruccia che regge la testa di B. alta, che diversamente dovrebbe solo arrendersi al peso dell’evidenza e abbassarla, ma per vergogna.

Siamo arrivati al punto di temere di pronunciare il suo nome in maniera inappropriata, timore inversamente proporzionale all’incontrollabile desiderio di dire cosa significa essere stati italiani negli ultimi 15/20 anni.
Quando un modo di fare, di pensare, di comunicare si consolida, rafforzato dall’autorevolezza di un ruolo, allora il rischio di trasformarlo in regola aumenta. E ciò che ad un occhio disintossicato apparirebbe come assurdo, inaccettabile o persino anticostituzionale finisce per diventare la normalissima espressione di un paese ammalato dai fatti e dalle moltissime parole, più taglienti, violente e pericolose persino dei fatti. E mi riferisco alle parole di chi dissimula con sorrisi odontoiatrici intenzioni sotterranee.
Ma quando le carte sono scoperte, quando il tempo, i ripensamenti, vecchi alleati pentiti, complici redenti e venti contrari hanno accertato l’assoluta realtà dei fatti, non rimangono molte domande con cui auto instillarsi il dubbio della persecuzione ingiustificata. Perché poi la parola persecuzione richiama involontariamente alla mente quella che venne fatta sui santi, la persecuzione degli innocenti, la persecuzione immotivata dei personaggi che hanno fatto grande un paese, un popolo o difeso una causa.
Ed è qui che si arriva a “….ancora una volta, intendo resistere a questa persecuzione perchè sono assolutamente innocente e non voglio in nessun modo abbandonare la mia battaglia per fare dell’italia un paese davvero libero e giusto".


Devo ammettere che ci sa fare come vittima, forte del ruolo che milioni di italiani inebetiti gli hanno conferito volontariamente negli ultimi anni. Ma si sa, questo fascino da nano impettito e accattivante ha un grande effetto sugli italiani. Risulta familiare e responsabile, uno a cui affidare il proprio paese. È persino in grado di non prendersi troppo sul serio, guardate, ha la battuta pronta. Deve seguire qualche positiva filosofia di vita per riuscire a rimanere così sereno nonostante il suo ruolo. È uno in gamba, si vede subito!
Invece no. Si prende sul serio moltissimo. Si prende così sul serio da aver travalicato a piè pari tutto l’ovvio patrimonio di buon senso che spetterebbe ad un uomo alla guida del paese, convinto della giustezza dei suoi assunti e dunque della loro legittimità. Questo è il potere nelle mani di un uomo, quel potere che si addensa nel delirante proposito di fare di un paese (che sarebbe già abbastanza averne uno degno di essere chiamato tale) un paese libero e giusto.

Il passo tra la prevedibile delusione e la farneticazione è stato brevissimo. Dunque cattivi i giudici, persino donne e dunque femministe e comuniste, cattiva e violenta la sentenza e, che altro, da profonda indignazione l’offesa fatta agli italiani per aver messo alla gogna il Prescelto.
Non si tratta più di prese di posizione, di scelte politiche, di schieramento o di partiti. In Italia governa una coalizione mista fino alla nausea!
Il problema qui è la forma che si è data alle parole e alle intenzioni. E dietro quella forma non c’è più solo un uomo un po’ anziano ma ancora combattivo che sorride anche quando viene condannato, ma un intero popolo di proseliti forti della fede che ripongono nel loro rappresentante.

Non si tratta più di politica, sebbene quella sia stata così manipolatrice e manipolata da aver finito per preferire il compromesso alla coerenza sensata; si tratta di aver smesso di chiamare le cose con i propri nomi, di aver ceduto ad un meccanismo che ci vuole abbindolati dalle promesse, perché le promesse fanno bene al cuore, e si tratta soprattutto della caparbia volontà di dover vivere nel paese dei balocchi.

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