Di solito mi concentro sulla sostanza, ma quando si
tratta di Berlusconi non è più solo una questione di
sostanza, ma anche di
forma. La forma, quella studiata a tavolino, la forma delle parole, le pose,
sono state, sono e continueranno ad essere la cruccia che regge la testa di B.
alta, che diversamente dovrebbe solo arrendersi al peso dell’evidenza e
abbassarla, ma per vergogna.
Siamo arrivati al punto di temere di pronunciare il
suo nome in maniera inappropriata, timore inversamente proporzionale all’incontrollabile
desiderio di dire cosa significa essere stati italiani negli ultimi 15/20 anni.
Quando un modo di fare, di pensare, di comunicare si
consolida, rafforzato dall’autorevolezza di un ruolo, allora il rischio di
trasformarlo in regola aumenta. E ciò che ad un occhio disintossicato
apparirebbe come assurdo, inaccettabile o persino anticostituzionale finisce
per diventare la normalissima espressione di un paese ammalato dai fatti e
dalle moltissime parole, più taglienti, violente e pericolose persino dei
fatti. E mi riferisco alle parole di chi dissimula con sorrisi odontoiatrici
intenzioni sotterranee.
Ma quando le carte sono scoperte, quando il tempo, i
ripensamenti, vecchi alleati pentiti, complici redenti e venti contrari hanno
accertato l’assoluta realtà dei fatti, non rimangono molte domande con cui auto
instillarsi il dubbio della persecuzione ingiustificata. Perché poi la parola
persecuzione richiama involontariamente alla mente quella che venne fatta sui
santi, la persecuzione degli innocenti, la persecuzione immotivata dei
personaggi che hanno fatto grande un paese, un popolo o difeso una causa.
Ed è qui che si arriva a “….ancora una volta, intendo resistere a
questa persecuzione perchè sono assolutamente innocente e non voglio in
nessun modo abbandonare la mia battaglia per fare dell’italia un
paese davvero libero e giusto".
Devo ammettere che ci sa
fare come vittima, forte del ruolo che milioni di italiani inebetiti gli hanno
conferito volontariamente negli ultimi anni. Ma si sa, questo fascino da nano
impettito e accattivante ha un grande effetto sugli italiani. Risulta familiare
e responsabile, uno a cui affidare il proprio paese. È persino in grado di non
prendersi troppo sul serio, guardate, ha la battuta pronta. Deve seguire
qualche positiva filosofia di vita per riuscire a rimanere così sereno
nonostante il suo ruolo. È uno in gamba, si vede subito!
Invece no. Si prende sul
serio moltissimo. Si prende così sul serio da aver travalicato a piè pari tutto
l’ovvio patrimonio di buon senso che spetterebbe ad un uomo alla guida del
paese, convinto della giustezza dei suoi assunti e dunque della loro
legittimità. Questo è il potere nelle mani di un uomo, quel potere che si
addensa nel delirante proposito di fare di un paese (che sarebbe già abbastanza
averne uno degno di essere chiamato tale) un paese libero e giusto.
Il passo tra la prevedibile
delusione e la farneticazione è stato brevissimo. Dunque cattivi i giudici,
persino donne e dunque femministe e comuniste, cattiva e violenta la sentenza
e, che altro, da profonda indignazione l’offesa fatta agli italiani per aver
messo alla gogna il Prescelto.
Non si tratta più di prese
di posizione, di scelte politiche, di schieramento o di partiti. In Italia
governa una coalizione mista fino alla nausea!
Il problema qui è la forma
che si è data alle parole e alle intenzioni. E dietro quella forma non c’è più
solo un uomo un po’ anziano ma ancora combattivo che sorride anche quando viene
condannato, ma un intero popolo di proseliti forti della fede che ripongono nel
loro rappresentante.
Non si tratta più di
politica, sebbene quella sia stata così manipolatrice e manipolata da aver
finito per preferire il compromesso alla coerenza sensata; si tratta di aver
smesso di chiamare le cose con i propri nomi, di aver ceduto ad un meccanismo
che ci vuole abbindolati dalle promesse, perché le promesse fanno bene al
cuore, e si tratta soprattutto della caparbia volontà di dover vivere nel paese
dei balocchi.
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