martedì 26 marzo 2013

Nessun cervello in fuga: emigro per rispetto di me stessa.



È difficile spiegare la sensazione prima dell’attimo in cui realizzerai che stai lasciando il tuo paese alla ricerca di una dignità che senti di aver perso di vista.

La dignità è ciò di quanto più solido l’uomo dovrebbe preservare per sé e per le generazioni a venire, ma è anche ciò di cui più spesso l’essere umano si priva per soddisfare bisogni primari, o anche no, quando si sente messo alle strette da scelte obbligate e ineludibili. Come se nella lista delle priorità la dignità perdesse di senso a favore della praticità quotidiana, come se fosse qualcosa di vendibile e riacquistabile o ancora qualcosa di cui poter fare a meno.
La perdita della dignità passa attraverso strade che a volte non ci accorgiamo nemmeno di intraprendere, è perdita dell’amor proprio, della propria integrità a favore dell’inserimento in un sistema che pretendiamo ci rappresenti, ma che solo apparentemente ci rassicura facendosi sentire parte di qualcosa, ma che in realtà ci ingloba in un meccanismo a cui serviamo.
Per definizione il termine dignità è assimilabile al sentimento che considera importante il nostro valore morale e la preservabilità dell’onore.
In filosofia con lo stesso termine ci si riferisce al valore inestimabile di ogni essere umano. Un valore di cui ci si priva o si è privati spesso e con sempre maggiore facilità, distratti come si è dall’incalcolabile quantità di compromessi a cui ogni giorno si è chiamati a rispondere.

È per dignità che scelgo di andarmene, anche se solo per il momento. Non so cosa sarà, la vita fa strani giri sorprendendoci ad ogni angolo e presentandoci bivi che per forza di cose dobbiamo imboccare.  
Voglio lasciare il mio paese per rimettere insieme i milioni di pezzi che qui faccio fatica anche a raggruppare. Voglio poter scegliere cosa fare di me senza accusarmi di essere rimasta immobile. Voglio poter tornare ad amare il mio paese non per quello che mi dà o non mi dà, non per quello che mi promette, ma per quello che è in grado di diventare. E per farlo ho bisogno di poter ripartire da me, che come tutti gli altri sono lo scheletro di questo paese. Non sento di lasciare alla deriva niente. E lo so che se tutti facessero come me l’Italia resterebbe nelle mani di chi trova comodo vivere così a queste condizioni. Ma so anche che gli ultimi 20 anni hanno prodotto fenomeni che i nostri nipoti studieranno sui libri di scuola, e fenomeni figli delle circostanze. Anche il fenomeno dei migranti sta rispondendo a leggi diverse.  
Trovo che non ci sia libertà di scelta al momento. Ogni uomo ha diritto a costruirsi la strada che preferisce e ha il dovere di rispettare se stesso, nondimeno gli spetta la libertà di decidere di non scendere a compromessi.  La migrazione passa anche semplicemente attraverso questo: attraverso la volontà di preservare la propria libertà di scelta.

 Non mi sento pressata da niente se non dal realismo di un tempo che passa senza lasciare margini di attesa e dall’onestà verso ciò che credo ogni uomo e donna dovrebbe mantenere sempre intatta, la consapevolezza di se stessi. È dal sé che si irradia la possibilità di fare la differenza.

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