È difficile
spiegare la sensazione prima dell’attimo in cui realizzerai che stai lasciando
il tuo paese alla ricerca di una dignità che senti di aver perso di vista.
La
dignità è ciò di quanto più solido l’uomo dovrebbe preservare per sé e per le
generazioni a venire, ma è anche ciò di cui più spesso l’essere umano si priva
per soddisfare bisogni primari, o anche no, quando si sente messo alle strette
da scelte obbligate e ineludibili. Come se nella lista delle priorità la
dignità perdesse di senso a favore della praticità quotidiana, come se fosse
qualcosa di vendibile e riacquistabile o ancora qualcosa di cui poter fare a
meno.
La
perdita della dignità passa attraverso strade che a volte non ci accorgiamo
nemmeno di intraprendere, è perdita dell’amor proprio, della propria integrità
a favore dell’inserimento in un sistema che pretendiamo ci rappresenti, ma che
solo apparentemente ci rassicura facendosi sentire parte di qualcosa, ma che in
realtà ci ingloba in un meccanismo a cui serviamo.
Per
definizione il termine dignità è assimilabile al sentimento che considera
importante il nostro valore morale e la preservabilità dell’onore.
In
filosofia con lo stesso termine ci si riferisce al valore inestimabile di ogni
essere umano. Un valore di cui ci si priva o si è privati spesso e con sempre
maggiore facilità, distratti come si è dall’incalcolabile quantità di
compromessi a cui ogni giorno si è chiamati a rispondere.
È per
dignità che scelgo di andarmene, anche se solo per il momento. Non so cosa
sarà, la vita fa strani giri sorprendendoci ad ogni angolo e presentandoci bivi
che per forza di cose dobbiamo imboccare.
Voglio
lasciare il mio paese per rimettere insieme i milioni di pezzi che qui faccio
fatica anche a raggruppare. Voglio poter scegliere cosa fare di me senza
accusarmi di essere rimasta immobile. Voglio poter tornare ad amare il mio
paese non per quello che mi dà o non mi dà, non per quello che mi promette, ma
per quello che è in grado di diventare. E per farlo ho bisogno di poter
ripartire da me, che come tutti gli altri sono lo scheletro di questo paese.
Non sento di lasciare alla deriva niente. E lo so che se tutti facessero come
me l’Italia resterebbe nelle mani di chi trova comodo vivere così a queste
condizioni. Ma so anche che gli ultimi 20 anni hanno prodotto fenomeni che i
nostri nipoti studieranno sui libri di scuola, e fenomeni figli delle
circostanze. Anche il fenomeno dei migranti sta rispondendo a leggi diverse.
Trovo
che non ci sia libertà di scelta al momento. Ogni uomo ha diritto a costruirsi
la strada che preferisce e ha il dovere di rispettare se stesso, nondimeno gli
spetta la libertà di decidere di non scendere a compromessi. La migrazione passa anche semplicemente attraverso
questo: attraverso la volontà di preservare la propria libertà di scelta.
Non mi sento pressata da niente se non dal
realismo di un tempo che passa senza lasciare margini di attesa e dall’onestà
verso ciò che credo ogni uomo e donna dovrebbe mantenere sempre intatta, la
consapevolezza di se stessi. È dal sé che si irradia la possibilità di fare la
differenza.
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