STORIE DI ALTRI - STORIA N. 2 e STORIE DI ALTRI - STORIA N. 1

E l’uomo
ora è approdato nello sprofondìo grigio e distratto di quei limbi che sono le
stazioni, sale d’attesa tra una vita ed un’altra. E con il buio a proteggere i
segreti ora anche il boato rimbombante della sua casa vuota…..gerani secchi di
freddo sul terrazzo, e stanze buie e vuote di voci.
L’uomo
raccoglie da una sedia un vecchio maglione dismesso, dimenticato e lo lascia
bruciare nel camino scoppiettante. Fisso nel fuoco assiste al lento sgretolarsi
delle sue pene, al tremolante luccichio dei ricordi ormai tiepidi impressi
negli occhi, ad un sorriso addormentato di donna, abbandonato nell’ombra gialla
di una stanza d’albergo affacciata su un cortile bianco.
La ragazza
dai capelli neri ora non dorme più. Intrappolata nel languore di una stanza che
non parla più riattraversa gli spazi come un gatto abbandonato a se stesso. Ha il
vestito stropicciato e le labbra gonfie di sonno. Dalla tenda bianca filtra il
bagliore di sole e un’arietta leggera. Va a farsi un the e appena appoggiata ad
una vecchia credenza di legno, con le spalle riflesse nello specchio macchiato,
memorizza quella stanza, i suoi particolari e le tracce di vita bloccate nell’ultimo
istante.
Un mezzo
sigaro spento posato su un posacenere di cristallo e libri chiusi e libri
socchiusi e pagine svolazzanti sul tavolo, sulla poltrona, sul pavimento, sul
letto..e nel cuore.
Nel tepore
di quell’infuso di erbe rinchiude un sogno attraversato da una voce, che si è
fatta bisbiglio e poi silenzio. Raccoglie i dieci libri tenuti a fatica fra il
petto e le braccia e, senza voltarsi, chiude dietro di sé la porta. Va via.
Tra le
mani una cappelliera penzolante, la ragazza se ne va camminando per le vie del
centro. Sul viso un paio di occhiali scuri e nel cuore la forsennata corsa di
un battito dietro l’altro.
Dalla
vetrina opaca di un caffè ora scorge un profilo di uomo, allungato, fermo,
assorto. Lentamente, quasi con cautela, entra nel grande salone di legno tutto
adornato di specchi. L’uomo è di spalle, seduto al bancone. La ragazza dai
capelli neri, leggera, si siede ad un tavolino vicino all’ingresso, non toglie
gli occhiali e posa la sua grande cappelliera sulla tovaglia rossa. Ordina un
the e scrive su un tovagliolino di carta illuminato di luce filtrata “il
silenzio ha molta più voce colmato di un canto che allieta e abbandona”. Ha ancora
il capo basso, fermo sull’ultima parola quando il the arriva sul suo tavolo,
fumante. È l’uomo del bancone che glielo serve. Si siede, versa l’acqua
bollente in una tazza, aspetta che l’acqua diventi rossa, afferra quel
tovagliolo e continua “..ed il sonno è ancora più dolce macchiato di un unico
bacio che narra d’amore e estirpa silenzi”.
La ragazza
dai capelli neri sorseggia il suo the immobile nello sguardo del’altro, e
quando ha finito l’ultimo sorso si alza, lasciando la sua cappelliera sul
tavolo. Con un tocco di mano sfiora il collo dell’uomo e torna per le vie del
centro.
Appannato
dal colore vivo di quella cappelliera senza mani, l’uomo la rapì come si
rapisce un prezioso dimenticato e si precipitò fuori dal caffè.
Assorta
nell’immutabile splendore di una vecchia e imponente fontana, la ragazza ora
naufragava nei dolcissimi e violenti strappi di sogno che a sussulti
riemergevano dentro le mani, sotto la pelle. Cosa negare ora che sommessamente
celebrava le confessioni più blindate della sua anima bianca?
Con
un viaggio ubriaco di attese e inebriante d’urgenze di miele la ragazza dai
lunghi capelli neri aveva ceduto all’irrimediabile e ormai irrinunciabile
ricerca di quel silenzio che colma il silenzio, così arresa e decisa a sfiorare
l’anima dell’uomo con la piuma più morbida del suo cuore. Solo attraverso un
silenzio aveva saputo parlare, sgattaiolando via nel tremore ancora vivo di
infiniti e lievi tocchi di mani e baci sfiorati.
E adesso,
sommersa e quasi vinta dall’impossibile e inarrestabile vociare della folla
attorno a sé, riattraversava nella mente ogni tono e ogni parola di quella
lettera così rassegnata ad arrivare come una sussurrata promessa. E insieme a
quella lettera era arrivata in ritardo anche la delicatezza di tutte le parole
non dette.
La ragazza
ora non aveva che la pretesa di seguire e lasciarsi seguire sopraffatta da una
lentissima passione, da quel desiderio troncato.
La ragazza
dai capelli neri abbandonò il frastuono e iniziò a passeggiare senza meta. Solo
la pallida e tagliente luce del tramonto la spinse verso la desolata stanza che
aveva fittato in una strada anonima. Teneramente avvinghiata a tutto il sapore
di sé, contaminato adesso di novità ancora inesplorate, cominciò a scrivere
lunghe lettere, quelle lettere impossibili che aveva solo sognato.
“[…] Molti baci e ancora baci conservo
scalpitanti. E non so spiegarti con parole quanto rimango assetata di tutte le
voluttà che mi hai negato. Ora, rifugiata nell’aria che respiri, ti aspetto
senza trovare ancora un buon motivo per sottrarmi, negarmi. Mi sorprendo di
quanto poco mi serva ora ogni sillaba. E ancorata a quello che sono stata
scappo da te con lo stesso immenso gusto con cui mi affidavo alle tue carezze.
Quando sono nata una stella zingara mi ha
spolverato di quella polvere di malinconia che mi costringe a guardare alle
cose con occhi vibranti e tristi, e con occhi vibranti e tristi sfuggo e poi mi
pento, completamente atterrata adesso dal sapore e dal desiderio che mi ha solo
sfiorata.
Incatenata in un gioco ti ricambio con l’accenno
di un sorriso, e con quella cappelliera in cui ho sigillato la libertà. Sono qua
ad aspettare la sera a contare le stelle e a scrutare il profilo imperioso di
una dispettosa luna che mi vuole sempre così ostinatamente complice […]”
La ragazza adagiò
i suoi lunghi capelli neri e la lettera e tutto il suo corpo stanco sul letto,
sotto la finestra e provò a chiamare il sonno. Si addormentò così, senza stelle
e senza luna, solo dieci libri ancora chiusi a tenerle compagnia.
scrittura e stile inconfondibile....
RispondiEliminaGrazie Cri.
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