C’è qualcosa che mi gironzola in
testa da un po’. Riguarda le persone e sebbene non sia pari all’afflizione
portata, come è comprensibile, dai grandi quesiti sulla vita e l’origine dell’universo,
allo stesso modo questa cosa mi lascia sospesa sull’assenza di risposte
definitive.
Continuo a chiedermi come sia mai
possibile che in generale le persone non riescano a sforzarsi di sviluppare un’autonomia
di pensiero, capace di liberarle da tutti i tipi di condizionamenti esterni
provenienti dalle cose, dalle persone, dalle manovre attuate a puntino proprio
allo scopo di condizionare.
Il mio motto è sempre rimasto
invariato sull’asse della consapevolezza di se stessi perché dall’individuo, da
se stessi parte la proiezione di noi nel mondo ed è quella proiezione che
riflette e rimanda l’immagine di noi e la risposta a quell’immagine dal mondo
esterno.
Ammesso che il cervello umano,
preso nel suo più meccanico funzionamento, sia per certi versi portato a scegliere
la via più facile; dato per assodato che siamo animali sociali che vivono dell’interazione
in società sempre più complesse; considerato l’istinto primordiale di
sopravvivenza che ci spinge anche all’integrazione forzata e verso la via del
compromesso; valutato persino il fabbisogno fisiologico di consenso necessario
all’autostima (sempre che l’autostima non si possa trovare in se stessi!); dato
per acquisito il processo di addomesticamento che la modernità, nella sua
frenetica corsa verso l’omologazione necessaria ad un controllo più
semplificato delle masse, ha nemmeno troppo sottilmente attuato, quel che resta
è: dove inizia e dove finisce l’individuo?
Per individuo intendo l’individuo
pensante, colui che è in grado di fare distinzione tra ciò che viene da se
stesso e ciò che è stato messo in se stesso da qualcun altro. Questo abbraccia
dalle più grandi questioni del condizionamento sociale alle più piccole
riguardanti l’interrelazione tra le persone.
Il condizionamento esterno è
arrivato al punto di annullare qualsiasi tipo di consapevolezza persino sul
fatto che un condizionamento esista. È il grande trucco perpetrato con spirito
cristiano dal controllo religioso delle masse: il libero arbitrio. L’uomo è
dotato di libero arbitrio. Questo ci viene ripetuto sin dalla più tenera età.
Ci viene spiegato come qualcosa di prezioso che ci viene regalato
magnanimamente alla nascita. Cresciamo con l’idea di avere una libertà che lo è
solo nel nome, quella di comportarci come meglio riteniamo salvo poi venir
puniti dall’alto dei cieli o emarginati quaggiù sulla terra. Ecco che questo
sembra bastare ad escludere qualsiasi tipo di intrusione nella nostra libertà.
Di certo nasciamo come individui
liberi e smettiamo di esserlo prestissimo bersagliati dall’infinito
bombardamento di paletti entro cui allinearsi. Qui forse finisce l’individuo. E
qui comincia la perdita di consapevolezza, quella che fa dimenticare di essere
in possesso di un’autonomia di pensiero in grado di differenziarci, né in
positivo né in negativo, ma per singolarità. La consapevolezza del proprio essere
individui dotati di spirito critico, capaci di autonomia di pensiero non ha
nulla a che vedere con l’individualismo che pure è un prodotto della feroce
giostra su cui ci vogliono tutti come criceti, per la serie “mors tua vita mea”.
La consapevolezza in se stessi è
la più potente arma in nostro possesso, quella che per metterla in termini
spiccioli ci dà il coraggio di contraddire un’idea fortissima perché crediamo
che contrasti con il nostro essere, senza il timore di sentirci meno accettati
per non aver marciato con l’onda.
Il controllo delle masse è
passato e passa, in termini diversi, proprio attraverso questo: lo svilimento
della consapevolezza individuale, l’impoverimento della fiducia dell’uomo in se
stesso, la creazione di una massa monocolore a cui tutti ambiscono di accodarsi
perché il potere che regge il mondo tiene l’accordo più facilmente su un’unica
nota che su un’infinita varietà di suoni.
Cos’è questo potere che regge il
mondo? È il potere sottratto alle masse e usato contro di esse per fare di una
forza positiva un gregge di pecore ubbidienti. È quel potere che giustifica le
guerre, gli stermini, che gioca con i popoli come a battaglia navale, che
instilla desideri per costruire bisogni che ci verranno soddisfatti prontamente.
È il potere che cancella la Storia, che la cambia, che dà risposte a domande
che non ci eravamo fatti solo per illuderci che abbiamo delle risposte. È lo
stesso potere che ci fa sentire reietti se non siamo uguali a mille altri, che
ha infangato il concetto di diversità per annullare le voci fuori dal coro e
non perché le voci fuori dal coro siano di per sé malvagie ma solo perché sono
difficili da controllare. Tutto porta al controllo. Come l’acqua che scava la
montagna, scavano nei nostri cervelli. Ed ecco che l’individuo si perde e siamo
pronti a credere a qualcosa solo perché ci è stata detta, a fidarsi di qualcuno
solo perché abbiamo timore di rimanere soli e a rinunciare per sempre a non
conoscersi perché – questo è il più grande risultato ottenuto – sono riusciti a
farci credere che è più semplice farsi dire chi siamo che scoprirlo noi stessi.
Nessun commento:
Posta un commento