noi che
siamo nati negli '80 e ne andiamo orgogliosi,
noi che alle
scuole medie indossavamo le gonne pieghettate e il pomeriggio giocavamo sotto
casa a pallone,
noi che la
scuola cominciava a settembre,
noi che
l'adolescenza l'abbiamo trascorsa chiusi in macchina ad ascoltare la radio
d'inverno e seduti in piazza d'estate,
noi che
prendevamo un pullman per andare al mare e che la musica l’ascoltavamo nel
walkman,
noi che
ricordiamo la guerra in Bosnia e scrivevamo temi su Falcone e Borsellino,
noi che
aspettavamo gli anni ’90 come il futuro,
che vivevamo
il grunge e che quando Kurt Cobain è morto siamo stati tristi per una settimana
intera,
noi che
abbiamo collezionato schede telefoniche e detto addio al gettone per telefonare
dalle cabine,
noi che
nelle cabine telefoniche ci siamo quasi cresciuti,
noi che
abbiamo imparato ad usare il pc da grandi,
noi che l’università
abbiamo imparato a capirla mentre cambiava,
noi che
abbiamo sognato di andare a Roma o Bologna per diventare autonomi,
noi che
mangiare dalla nonna la domenica era una festa e organizzare una festa in
campagna era un evento,
noi che ci
accontentavamo di quello che avevamo perché ci bastava sempre,
noi che
passavamo un biglietto scarabocchiato al compagno di classe e scrivevamo
formule matematiche sulle braccia per copiare durante il compito,
noi che gli
amici erano la nostra famiglia, che non avevamo internet ma solo qualche amico
di penna,
noi che
quando cercavamo qualcuno andavamo a cercarlo a casa.
Siamo noi
gli stessi che oggi ricordano gli anni ’80 con nostalgia,
siamo sempre
noi quelli che 5 giorni su 7 sono arrabbiati e se ci chiedono come va
rispondiamo sempre “il solito” perché niente sembra cambiare;
siamo sempre
noi quelli che abbiamo imparato a lamentarci e se non ci lamentiamo non ci
sentiamo veramente bene; che ci siamo stancati di cercare perché possiamo dire
di aver trovato solo se scendiamo a compromessi;
siamo noi
che se vogliamo lavorare dobbiamo accettare di non essere pagati o pagati poco;
siamo noi
che dobbiamo capire che il sacrificio è la parola d’ordine ma il momento del
riscatto lo aspettiamo da più di 5 anni; noi che lavoriamo nei call center e
che non abbiamo mai abbastanza esperienza per sentirci considerati e che se l’esperienza
ce l’abbiamo allora siamo troppo avanti con gli anni e a noi preferiscono gli
inesperti;
siamo sempre
noi che se sei incinta anche a 30 anni ti licenziano;
siamo noi
che ci inventiamo lavori nuovi perché una via d’uscita la dobbiamo trovare, che
ce ne andiamo all’estero e scopriamo che lasciare l’Italia non è così facile
come sembra;
siamo noi
che non ci meravigliamo più di niente e 3 presidenti del consiglio in meno di
un anno è quasi normale;
siamo sempre
noi però che non sappiamo più cos’è la normalità perché se vuoi una vita
normale, avere una famiglia e crescere dei figli devi prendere prima la
calcolatrice e capire i pro e i contro;
siamo sempre
noi che non ci arrendiamo mai ma se guardiamo avanti non sappiamo darci una
risposta;
siamo noi
quelli che hanno fregato perché faticheremo tutta la vita per venirne fuori e
nemmeno la pensione ci godremo!
Siamo noi i
figli degli anni’80, quelli che anche domani si sveglieranno e il loro unico
pensiero sarà “adesso con cosa provo?”.
Sono io
quella che, parafrasando il mio amico Cesare che in tempi non sospetti mi
sorprese con questa osservazione, preferivo nascere stupida, non farmi domande e
vivere nell’ignoranza trasportata dall’onda.
Ma non è
vero nemmeno questo perché oggi non fa differenza.
Vivere in
questo tempo e desiderare di poter nascere in un altro è la classica
sintomatologia del disadattato solo che oggi disadattati lo siamo tutti e il
grande unico impegno è ADATTARSI.
C.
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