mercoledì 4 settembre 2013

Elogio dell'imbecillità nei tempi moderni in Italia



Nei tempi moderni quello che sembra configurarsi come il miglior mezzo di compiacimento sono gli elogi: elogi del buon senso, della praticità, del buon governo.
Nessuno ha mai scritto un elogio all’imbecillità.
Le parole sono noccioline che si usa lanciare in gabbie di affamati scimpanzé apparentemente capaci di accontentarsi di una varietà più che di un’altra.
Questo sono le parole che vengono usate impropriamente anche da chi con le parole ci lavora.
Ed ecco che un annuncio di lavoro si trasforma nel mio stimolo giornaliero: “A.A.A. Cercasi redattori che non pretendano di essere pagati”.
Bella trovata per ostentare un coraggio che puzza di imbecillità. Ci vuole coraggio a scrivere un annuncio del genere, ammettiamolo. Coraggio a pensare di manifestarsi così palesemente realisti, del realismo peggiore, quel realismo che ammette che il lavoro non debba pretendere di essere pagato, in nome della crisi. La crisi dello Stato, dell’economia, dell’editoria. La crisi di cervelli che sulla crisi ci stanno mangiando, direi io.
Deve aver avuto molto coraggio la mano che ha ritenuto onesto inserire il verbo “pretendere” in un annuncio di lavoro. Come se il lavoro sia una qualche possibilità estrema che con buon spirito un datore caritatevole offre aspettandosi che l’aspirante candidato si immoli alla chance offerta senza pretendere alcunché.
Imbecille chi crede che questo sia possibile e imbecille chi approfitta della crisi per reperire manodopera e risorse per mezzo di una strafottenza nemmeno troppo velata.
Senza dire che adesso addirittura “si pretende” di essere pagati e a quanto pare con grande disappunto di chi il lavoro lo offre!
Ed è qui che si passa al livello successivo. Certe imbecillità, nei tempi moderni, sono diventate una tale consuetudine che si fa fatica anche a riconoscerle tali. È un po’ come fare l’abitudine ai deliri di un folle. Dopo un po’ si comincia a pensare che sia tutto normale.
È normale dire grazie se ci permettono di lavorare non pagandoci. Ed è normale richiedere redattori che non pretendano di essere pagati. Perché, eh già, questa è l’epoca del Grande Volontariato che si fa per auto appagarsi, per riempire un vuoto che altrimenti non si riuscirebbe a riempire.
Il Grande Volontariato verso se stessi!
Lode a chi trova il coraggio di manifestarsi talmente al passo coi tempi da credere che un annuncio del genere sia un segno indiscutibile di correttezza
Lode all’imbecillità che ci allinea nelle file di coloro che pretendono. Perché pretendere è un disvalore e il lavoro un’occasione fine a se stessa. Perciò dentro o fuori.

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