Nei tempi moderni quello che sembra
configurarsi come il miglior mezzo di compiacimento sono gli elogi: elogi del
buon senso, della praticità, del buon governo.
Nessuno ha mai scritto un elogio all’imbecillità.
Le parole sono noccioline che si usa
lanciare in gabbie di affamati scimpanzé apparentemente capaci di accontentarsi
di una varietà più che di un’altra.
Questo sono le parole che vengono usate
impropriamente anche da chi con le parole ci lavora.
Ed ecco che un annuncio di lavoro si
trasforma nel mio stimolo giornaliero: “A.A.A. Cercasi redattori che non
pretendano di essere pagati”.
Bella trovata per ostentare un coraggio
che puzza di imbecillità. Ci vuole coraggio a scrivere un annuncio del genere,
ammettiamolo. Coraggio a pensare di manifestarsi così palesemente realisti, del
realismo peggiore, quel realismo che ammette che il lavoro non debba pretendere
di essere pagato, in nome della crisi. La crisi dello Stato, dell’economia,
dell’editoria. La crisi di cervelli che sulla crisi ci stanno mangiando, direi
io.
Deve aver avuto molto coraggio la mano
che ha ritenuto onesto inserire il verbo “pretendere” in un annuncio di lavoro.
Come se il lavoro sia una qualche possibilità estrema che con buon spirito un
datore caritatevole offre aspettandosi che l’aspirante candidato si immoli alla
chance offerta senza pretendere alcunché.
Imbecille chi crede che questo sia
possibile e imbecille chi approfitta della crisi per reperire manodopera e
risorse per mezzo di una strafottenza nemmeno troppo velata.
Senza dire che adesso addirittura “si
pretende” di essere pagati e a quanto pare con grande disappunto di chi il
lavoro lo offre!
Ed è qui che si passa al livello
successivo. Certe imbecillità, nei tempi moderni, sono diventate una tale
consuetudine che si fa fatica anche a riconoscerle tali. È un po’ come fare l’abitudine
ai deliri di un folle. Dopo un po’ si comincia a pensare che sia tutto normale.
È normale dire grazie se ci permettono
di lavorare non pagandoci. Ed è normale richiedere redattori che non pretendano
di essere pagati. Perché, eh già, questa è l’epoca del Grande Volontariato che
si fa per auto appagarsi, per riempire un vuoto che altrimenti non si
riuscirebbe a riempire.
Il Grande Volontariato verso se stessi!
Lode a chi trova il coraggio di
manifestarsi talmente al passo coi tempi da credere che un annuncio del genere
sia un segno indiscutibile di correttezza
Lode all’imbecillità che ci allinea nelle
file di coloro che pretendono. Perché pretendere è un disvalore e il lavoro un’occasione
fine a se stessa. Perciò dentro o fuori.
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